Giro di vite della Corte di cassazione su chi versa meno contributi
Il rapporto di lavoro irregolare diventa truffa

Appalti di servizi sempre più ad alto rischio. Specie quelli, frequentissimi di questi tempi, in cui è parte, quale appaltatrice, una cooperativa. Al di là dell’incessante attenzione prestata anche nel corso del 2014 a queste ultime (e ai loro appalti) da parte dell’Inps, l’allarme proviene questa volta dal principio affermato dalla seconda sezione penale della Corte di cassazione. Con la pronuncia n. 5568/2014, infatti, è stato ritenuto che nel caso in cui il rapporto di lavoro venga a dissimulare una sostanziale somministrazione irregolare di manodopera, si possa addirittura venire a configurare, «in aggiunta» a tale reato, quello di truffa nei confronti dell’Inps. Secondo la Suprema corte ciò accadrebbe nell’ipotesi in cui il rapporto di lavoro apparente (quello tra lavoratore dell’appaltatore e committente) sia gravato da oneri contributivi inferiori a quelli che graverebbero sul committente, ove fosse ritenuto datore di lavoro effettivo. In tali casi, infatti, il lucro dell’utilizzatore (ossia del detto committente che avrebbe il vantaggio di fruire delle prestazioni dei lavoratori senza averne gli «incommoda» legali e contrattuali di un datore di lavoro) configurerebbe un ingiusto danno a carico dell’Istituto per la perdita dell’altrimenti dovuta contribuzione. Ciò, almeno nella misura in cui si possa configurare un «risparmio» contributivo.

Semplificando assolutamente la portata della pronuncia della Suprema corte, se l’unico scopo per cui viene posto in essere lo pesudo-appalto (o, mutatis mutandis, il distacco di lavoratori senza interesse del distaccante o la loro somministrazione abusiva) è quello di ottenere minori costi del lavoro, oltre ai prevedibili e previsti illeciti puniti dall’articolo 18 del decreto legislativo n. 276 del 2003, può scattare pure l’illecito il più grave illecito da codice penale: la truffa.

Oggi va dunque prestata un’ulteriore, fondamentale, attenzione in più nel ricorrere e organizzare appalti di servizi. Quella di verificare se vi sono, e a quanto corrispondano, i «dislivelli» retributivi per i dipendenti delle aziende parti del contratto. Uno studio in più, insomma, oltre alle già molte cautele che da tempo committenti e appaltatori sono chiamati ad avere nel prevedere e gestire i loro appalti e subappalti di servizi, specie in riferimento alle debordanti pressioni degli organismi ispettivi.

Tuttavia, già da più parti si levano perplessità in ordine a una tale ricostruzione in malam partem dell’illecito impiego di lavoratori. In particolare, non appare chiaro quale spazio «operativo» dovrebbe così venire ad assumere la fattispecie (all’apparenza più specifica del reato di truffa, nonché prevista ad hoc) della somministrazione fraudolenta. Quest’ultima, disciplinata dall’art. 28 del decreto legislativo n. 276/2003 stabilisce che, fermo restando la pena dell’ammenda per il reato di somministrazione illecita, quando la somministrazione di lavoro venga posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o «di contratto collettivo» applicato al lavoratore, il soggetto somministratore e utilizzatore sono puniti con una ammenda supplementare di 20 euro al giorno per ciascun lavoratore coinvolto.

Al di là delle possibili, più o meno favorevoli, ricostruzioni giuridiche, tuttavia, non occorre molta fantasia a comprendere che se si venisse definitivamente ad affermare l’orientamento della Suprema corte, si addenserebbero, bene o male, nuvole minacciose su tutti gli appalti in cui gli appaltatori applichino contratti collettivi meno onerosi. E non solo nel caso di cooperative appaltatrici. Ma anche in quelle situazioni in cui alla stazione appaltante sia noto (e solo per ciò conceda formalmente l’appalto, che da ogni punto di vista viene simulato) per le specifiche agevolazioni di cui godono i dipendenti dell’appaltatore. Per esempio, nel caso in cui molti di essi fossero in stati assunti poiché in mobilità e grazie alle relative agevolazioni.

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 297 del 16.12.2014]