Conto alla rovescia per l’estinzione delle irregolarità legate agli anni precedenti.
Dal 1° gennaio la stabilizzazione da parte delle aziende.

Conto alla rovescia per le stabilizzazioni dei co.co.pro. e dei titolari di partita Iva già in azienda negli anni scorsi. Dal 1° gennaio scatta la possibilità per le aziende committenti di estinguere con effetto retroattivo gli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all’erronea qualificazione dei predetti rapporti di lavoro autonomo. Un salvagente per tutte le incerte collaborazioni coordinate e continuative e i rapporti con le partite Iva che sono stati avviati almeno dal gennaio 2011 (ma anche dal gennaio 2006, nel caso di denuncia del lavoratore agli istituti previdenziali). Ossia quelle posizioni le cui sanzioni potenziali non si siano ancora prescritte. Salvezza assicurata, insomma, ma non per tutti.

Come prevede il decreto attuativo del Jobs act n. 81 del 2015, infatti, il prerequisito all’ammissione alla sanatoria attiene a un dato casuale, ovvero, che non siano stati accertati previamente illeciti a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente all’assunzione stabilizzante dei collaboratori. Dunque, niente sanatoria nel caso in cui gli ispettori abbiano già varcato le soglie dell’azienda, se poi viene contestato formalmente, cioè con un verbale ispettivo, l’irregolarità dell’utilizzo di co.co.co. e partite Iva. Insomma, in tutti quei casi di cosiddetto «disconoscimento» da parte dei funzionari.

Premesso che le conciliazioni privatistiche con collaboratori non avranno alcun effetto scriminante, per quei committenti che finora siano passati indenni da controlli e contestazioni, però, si apre oggi la possibilità di definire in modo tombale la partita.

La road map indicata dalla legge per emergere senza conseguenze in malam partem, prevede alcuni step fondamentali. Innanzitutto, che sussista la volontà di committenti e collaboratori di concludere, «con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro», atti di conciliazione. Cioè accordi transattivi da concludersi presso le organizzazioni sindacali; oppure, presso le direzioni territoriali del ministero del lavoro; o, ancora, presso le commissioni di certificazione istituite (per esempio, anche quelle istituite presso enti bilaterali). Successivamente all’accordo, i lavoratori devono venire assunti a tempo indeterminato dall’azienda e mantenuti in attività per almeno dodici mesi. Nell’attesa che si compia l’anno purificatore, i provvedimenti nel frattempo assunti, come pure quelli assumibili, rimangono sospesi. Trascorso l’anno senza che si sia licenziato il lavoratore, «salvo per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo». Per cui, nel caso dovesse sorgere un motivo obiettivo di recesso dal rapporto di lavoro, il relativo licenziamento trascinerebbe con sé anche tutte le contestazioni e pretese pubbliche connesse alla posizione.

In definitiva, quindi, anche a seguito della soppressione improvvisa e necessitata di un ruolo o di una mansione aziendale occorrerà calcolare gli ulteriori effetti che ne potrebbero scaturire. Come, per esempio, un recupero di contribuzione per i cinque anni precedenti da parte dell’Inps. È necessario, inoltre, segnalare che la stabilizzazione prevista dall’art. 54, dlgs 81/2015, oltre a incidere direttamente sulle posizioni sanabili, potrà servire a ridare regolarità e correntezza generali alle medesime aziende committenti. Una regolarità necessaria per continuare a mantenere i benefici per tutti quei casi in cui si sia approfittato dell’opportunità 2015 di assumere dipendenti con esonero contributivo. L’emersione anche di un solo co.co.pro., infatti, potrebbe compromettere gli esoneri finora goduti e godibili nei prossimi anni, con azioni di recupero contributivo da parte di Inps.

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 304 del 23.12.2015]