Nei contenziosi lo scopo è sempre quello: cercare di fare prevalere le proprie ragioni.
Ma, perché ciò accada, occorre usare le migliori argomentazioni. Che ciò avvenga in cosiddetto “punto di fatto” o “punto di diritto”, dipende dai casi.
Nel caso dei controlli ispettivi, ci si difende con argomenti in fatto e in diritto per contraddire le conseguenze negative degli accertamenti in azienda.
Nel linguaggio dei tecnici, parlare di difese “in fatto” significa che l’esposizione delle proprie argomentazioni attiene a eventi, accadimenti, circostanze storiche e documentali che si affermano essersi realizzate e sulla base di cui certi provvedimenti dovevano essere assunti in modo diverso. O per nulla.
Argomentare “in diritto”, diversamente, vuole dire, partendo da ritenute situazioni di fatto, qualificare e interpretare giuridicamente le situazioni in quanto possano essere ritenute riconducibili a certe disposizioni di legge, regolamento, eccetera, da cui discende –o meno- una certa applicazione delle discipline in discorso.
Con un termine all’apparenza difficile, si parla di “sussunzione” in riferimento a quella operazione logica per cui si ritiene che un certo fatto specifico rientri nell’ambito di una certa e generale previsione normativa o regolamentare. Se un fatto o una circostanza sono “sussumibili” sotto una certa disposizione e
disciplina, se ne applicano e ne discendono le previste conseguenze. Se lo stesso fatto o circostanza non lo sono, tali conseguenze non sono ravvisabili.
Talvolta, poi, sempre ragionando “di diritto”, può essere argomentato che un certo fatto sia “sussumibile” sotto una fattispecie di legge o regolamento (e magari su questo concordano ispettori e ispezionati), ma che dalla medesima non discendono affatto le conseguenze che tutti pretendono. Si tratta, quindi, di un problema di interpretazione.
Tutto chiaro?
Certo, forse può sembrare un piccolo “rompicapo”. Ma è un rompicapo che chi intende difendersi deve necessariamente padroneggiare, se vuole salvaguardare le proprie ragioni.
Piuttosto c’è da domandarsi, quali siano le ragioni migliori da portare in un ricorso amministrativo: quelle in fatto o in diritto?
La domanda sembra oziosa, ma lo è solo all’apparenza. Certo, quale che sia la difesa, se può garantire il successo, essa va bene.
Però, risulta indubbio che, soprattutto con riferimento alla presentazione di ricorsi amministrativi –ossia, rivolti a sedi di non sempre elevata e approfondita preparazione tecnico-giuridica (oltre che normalmente “di tendenza”)- un buon argomento in fatto, chiaro e incontrovertibile, risulterà migliore e più difficile da negare (es. si accusa che un lavoratore sia stato occupato in un certo periodo, ma vengono mostrati documenti –es. un passaporto- da cui risulta incontrovertibilmente che fosse altrove). In definitiva, argomentazioni a prova di “distrazione” dell’amministrazione.
Tra i consigli per chi intende cimentarsi nella predisposizione di atti difensivi, vi è innanzitutto quello di predisporre una “scaletta” di possibili eccezioni, di carattere fattuale e di carattere giuridico.
Solo una volta che si è analizzato l’atto da impugnare (es. un verbale ispettivo) e si sono studiate tutte le possibili eccezioni del caso (di fatto e di diritto, appunto), si svilupperà (si scriverà per esteso, insomma) il ricorso specifico.
Ma per descrivere un buon ricorso, se possibile, non basta una lista di “accuse”. Occorre che tali accuse siano precise e logiche come una dimostrazione di matematica.
L’errore in cui spesso si incorre nello scrivere un ricorso è una certa confusione nell’esposizione dei vari tipi di ragioni –il fatto con il diritto e il diritto prima del fatto-. Eccezioni importanti e di minore spessore che si intralciano in quella che alla fine risulta un’accozzaglia disordinata di recriminazioni.
Occorre, perciò, dare un ordine alle proprie ragioni.
Buona regola vuole che prima si espongano i motivi di fatto e poi quelli di diritto. Tra tutti i motivi, nel loro genere, i motivi più gravi precederanno quelli meno gravi.
Se poi vi sono ragioni che da sole, se provate, possono risolvere immediatamente la situazione (es. la circostanza –a prescindere dal merito- di avere notificato un atto, ma in ritardo) –le cd. eccezioni preliminari-, è bene che queste siano esposte in anteparte.
A prova di quanto esposto, nell’esempio che segue, ci si difende da un provvedimento ispettivo che ha contestato lavoro sommerso nel caso dell’impiego di lavoratori accessori per cui, pure a seguito della denuncia preventiva all’INPS e al regolare acquisito dei voucher, non si era riusciti a comunicare tempestivamente all’Ispettorato luogo e tempo del loro impiego:

 

AL COMITATO

PER I RAPPORTI DI LAVORO ………………

Il sottoscritto ………………., nato a ……………. il …………., residente a ………………, proprio/in qualità di ………. della società ………………………, propone

RICORSO

ai sensi e agli effetti dell’art. 17, D.Lgs 124/2004,

AVVERSO

il verbale di accertamento ispettivo n. ……….. del …………… notificato in data ……. dai Funzionari dell’Ispettorato Territoriale del lavoro di ………….

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PREMESSO

che gli esiti del procedimento ispettivi non possono essere condivisi per seguenti motivi

IN FATTO

1) i lavoratori presi in considerazione dal Verbale hanno effettivamente operato quali lavoratori accessori, a seguito della denuncia preventiva all’INPS effettuata in data …, e dunque inviata ben prima del loro impiego effettivo….;

2) i predetti lavoratori non hanno svolto attività di lavoro subordinato dovendosi dedicare, secondo una autonoma organizzazione di tempi e modi, alla cura di …………;

3) solo per mero errore materiale, la comunicazione all’Ispettorato preventiva rispetto alla prestazione, inviata via posta elettronica, non è giunta a buon fine. Di ciò fa fede……;

IN DIRITTO

I. il lavoro irregolare ex art. 3, DL 12/2002 non può essere contestato nel caso di specie, poiché esso prevede l’omesso invio di una comunicazione preventiva di assunzione. La quale non è però prevista per il lavoro accessorio. In ogni caso, si era provveduto per tempo alla non omologa denuncia all’INPS….;

II. non risulta previsto da alcuna norma che la pure tardiva attivazione dei voucher determini la contestazione dell’illecito lavoro irregolare e delle relative sanzioni amministrative, bensì una autonoma sanzione. Dunque, nel caso si viola il principio di legalità ex art. 1, L. 689/1981……;

III. in ogni caso, il lavoro sommerso può essere contestato solo nel caso di provato lavoro subordinato ex art. 2094 cod.civ., ipotesi non solo non dimostrata, ma, nel caso, assolutamente da escludersi……. .

PQM

si chiede che venga accolto il ricorso, con annullamento del Verbale di accertamento impugnato e la dichiarata insussistenza del preteso lavoro subordinato.

Si allegano: 1)….., 2)…..

Luogo e data

Firma

 

a cura di Studio Legale VetL

[V@L – Verifiche e Lavoro n. 1/2017]