La Corte d’appello di Milano boccia i recuperi dell’Inps in base alla legge 296/2006
Le contestazioni sul lavoro non cancellano i benefici

Inversione di rotta sul recupero dei benefici per l’assunzione di personale: la presenza di un Durc regolare, nonostante gli ispettori accertino altre violazioni in azienda, salva esoneri e sgravi. A favore della tesi che offre speranza a molte aziende per cui sono scattati i recuperi, si è schierata la Corte d’appello di Milano, anche con la recente sentenza n. 1116/2018. Fino a oggi la scoperta di qualsivoglia violazione di CCNL e condizioni di lavoro, ritenendo ledesse quanto previsto dal comma 1175, dell’art. 1, L.n. 296/2006 («i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi»), ha condotto gli Istituti a richiedere ai datori di lavoro fuori regola le somme godute a titolo di sgravio contributivo, specie per le assunzioni a tempo indeterminato del 2015 (legge n. 190/2014) e 2016 (legge n. 208/2015). Un trend ispettivo temibile che si è sempre più consolidato nel corso degli anni, anche grazie alle frequenti conferme pervenute dai Giudici del lavoro in primo grado.

Tra le moltissime aziende che hanno subito recuperi dei contributi risparmiati nel tempo a titolo di esonero, ciò è avvenuto anche per infrazioni che nulla hanno a che vedere con i lavoratori assunti. Per esempio, per contestazioni in ordine alle indennità di trasferta godute da alcuni dipendenti. Ritenendosi violate comunque le disposizioni del Tuir, l’irregolarità sotto il profilo dell’azienda si è «riverberata» sui benefici contributivi. Ma la stessa cosa è accaduta se in contestazione vi era, per esempio, il regime dei riposi e l’orario di lavoro. I funzionari, comunque sia, ritenendo compromessi contratti collettivi e condizioni di lavoro, sono giunti a conculcare i benefici goduti a ben altro scopo (e anche con riferimento a lavoratori ulteriori dell’azienda). Un effetto domino generale che fa tremare ora tanti datori di lavoro.

Tuttavia, la posizione di massimo rigore fin qui assunta dall’Inps, non sembra giustificarsi a mente della norma. Infatti, se è vero che esiste un richiamo, da parte della legge n. 296/2006, alla correttezza contributiva e lavoristica per i datori di lavoro al fine del godimento di «benefici normativi e contributivi», non è però per legge prevista alcuna reazione retroattiva generica. In sostanza, secondo il principio di legalità, non è prevista in alcuna parte una generica «punizione» ai recuperi economici per i benefici goduti nel passato. Al contrario, è per esempio stabilita dal decreto del Ministero del lavoro 30.1.2015 in materia di Durc (cfr. art. 8 e il suo Allegato A), la perdita accessoria futura (anche fino a 24 mesi) del Durc, anche per gravi reati.

Che a prescindere dalla commissione di illeciti, per mantenere gli esoneri passati, basti la continua regolarità del Durc, lo conferma però adesso la Corte d’appello di Milano. La quale, nel ribaltare giudizi di primo grado di segno opposto, mette un po’ di ordine in materia precisando che «l’intento del Legislatore risulta del tutto chiaro nel subordinare la fruizione dei benefici contributivi al possesso del Durc, senza esclusione alcuna» e che «il possesso di regolare Durc integra, infatti, gli estremi previsti dalla norma sopra citata per la fruizione dei benefici contributivi».

In sostanza, a parere dei giudici dell’appello, il tenore testuale dell’art. 1, comma 1175, sopra citato, consente di superare ogni questione relativa alla revoca dei benefici con recupero di contribuzione, ove sia dipesa da altri inadempimenti contestati, diversi dal mancato possesso della certificazione di regolarità.

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 208 del 04.09.2018]