Istruzioni per i datori di lavoro sulle modalità di estinzione delle disposizioni in materia di obblighi contributivi

Passata la sbornia delle prime novità sul lavoro –strascinate dall’allettante logo del Jobs Act-, per professionisti e aziende inizia il tempo delle più approfondite riflessioni.

Senz’altro gli aspetti positivi per aziende e lavoratori non mancano, né mancheranno. Per questi ultimi, soprattutto, tale positività prende le sembianze di una (in molti casi ineludibile) stabilizzazione dei rapporti dei lavoro. A tempo indeterminato, soprattutto.

In effetti, assumere a tempo indeterminato, per le aziende, spesso è diventato poco meno di obbligo. Il quale, tuttavia, ha acquisito anche gli entusiasmanti contorni di un vero e proprio business. Infatti, grazie alle notevoli agevolazioni in materia di contribuzione, introdotte mediante la cd. legge di stabilità (L. 190/2014), dal primo giorno di quest’anno chi assume può godere di un notevole sconto. Per lavoratore e per anno –fino a tre anni-, esso può giungere alla considerevole sommetta di € 8060.

Ingolositi dal bel risparmio, da subito molti datori di lavoro hanno deciso di dare un bel taglio con il passato e di trasformare molti collaboratori a rischio (non solo per gli stessi prestatori di lavoro, ma soprattutto per le aziende datrici di lavoro), in regolari e ordinari subordinati.

Queste subitanee “trasformazioni”, però, ora, alla luce dei decreti attuativi del Jobs Act, qualche motivo di perplessità lo stanno facendo sorgere.

Infatti, nel nuovo e importantissimo decreto attuativo di riordino delle tipologie contrattuali –quello che abolisce le co.co.pro., tanto per intenderci- il legislatore disciplina uno speciale (e limitato) strumento di regolarizzazione/emersione delle collaborazione coordinate e continuative. Si prevede che per i datori di lavoro che procederanno all’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche progetto, e di persone titolari di partita IVA, si godrà dell’“estinzione delle violazioni previste dalle disposizioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi all’eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso”.

A tale fine, peraltro, oltre alla “trasformazione” di detti rapporti, occorrerà porre in essere, tra le parti, un accordo di conciliazione, a transazione e chiusura del passato.

E, dunque?

Dalle previsione del Jobs Act emerge -dunque e innanzitutto-, che non ogni forma di stabilizzazione/trasformazione, risulterà sanata. Per esempio, regolarizzare un associato in partecipazione non coinciderà con una delle ipotesi “contemplate” e agevolate.

Che cosa potrebbe accadere, allora, per quanti –trasformati i lavoratori- approfittassero inopinatamente degli esoneri dei nuovi rapporti di lavoro? Potrebbe facilmente –e prevedibilmente- capitare che, un bel giorno, qualche funzionario potrebbe venire a contestare loro la non genuinità dei precedenti rapporti di lavoro, determinando (previa disconoscimento e trasformazione d’ufficio delle pregresse relazioni lavorative formalizzate) un travolgimento anche delle agevolazioni godute nel frattempo. Infatti, tali agevolazioni sarebbero state godute “malamente”, in contrarietà con la previsione che ne precludeva il godimento, ai sensi dell’art. 1, commi 118 e seguenti, L. 190/2014, per rapporti già in passato a tempo indeterminato.

Tali recuperi di contribuzione –soprattutto tra qualche tempo-, potrebbero costare caro a molti datori di lavoro. Oltre alle richieste delle somme risparmiate, infatti, verrebbero comminate pure gravi sanzioni civili per avere “evaso”.

Ma la medesima situazione si potrebbe determinare, per esempio, anche per le regolarizzazione di co.co.pro. al di fuori della percorsi di emersione previsti dal decreto attuativo del Jobs Act. E di ciò darebbe testimonianza proprio il dato testuale di quest’ultimo.

Tra l’altro, le aziende avrebbero ben poco da opporre, avendo, nei fatti “confessato” una certa “continuità” tra le prestazioni occorse sotto l’imperio dei contratti precedenti e quelle -con i medesimi prestatori di lavoro- sanate.

Per l’amministrazione –e pure (ma al contrario) per le aziende- un bel “colpo”. Basso, si direbbe.

di Mauro Parisi

[The World of Il Consulente n.65 del 20.04.2015]