I controlli spettano alle Asl

Sono sempre più frequenti le «invasioni di campo» nel settore della salute e sicurezza del lavoro. Moltissimi i casi segnalati di controlli operati dagli ispettori del ministero del lavoro e dagli Istituti di previdenza in settori riservati dalla legge alle sole Aziende sanitarie locali. Fabbriche, negozi, ristoranti, pubblici esercizi, ecc. rientrano, infatti, tra gli ambiti in cui la tutela e sicurezza del lavoro restano sotto l’egida delle regioni. Le quali, secondo la Costituzione, sono oggi le attrici principali della materia (cfr. articolo 117 Cost.).

Eppure, malgrado la linea di demarcazione tra le competenze degli organismi chiamati a proteggere dai rischi del lavoro, appaia piuttosto netta e ben definita dall’articolo 13 del T.u. Sicurezza, non è affatto raro incontrare funzionari dell’Inps o del Welfare intenti a vagliare con scrupolo i contenuti del piano di valutazione dei rischi (Dvr) di qualche azienda. O ancora, come fosse affare loro, a indagare sulla circostanza che davvero i lavoratori siano stati informati, formati e dotati degli opportuni dispositivi di sicurezza (Dpi). Una situazione che, a dispetto delle apparenze, non risulta affatto «normale».

In effetti, a fronte dell’attribuzione generale di poteri alle Regioni –e, con esse, ai loro servizi di prevenzione e protezione presso le Aa.ss.ll. -, l’azione di controllo sulla salute dei lavoratori da parte del Ministero del lavoro attualmente può dirsi legittima sostanzialmente nel settore edile (come pure genio civile, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, lavori in gallerie ecc.) e in quello tradizionale delle ferrovie. Sopravvivono, ma del tutto marginalmente, anche competenze quanto ai lavori nei cassoni ad area compressa e a quelli subacquei. Quindi, con esclusione di quanto non espressamente delegato. Riguardo all’Inps, addirittura non appare prevista alcuna competenza, né poteri specifici, in materia di sicurezza.

Ma le ambiguità operative non si fermano qui. In effetti, in materia, tra i limiti operativi più disattesi, vi è la previsione per cui ogni intervento ispettivo dei funzionari ministeriali, ove pure ammesso, andrebbe per legge preventivamente comunicato alle stesse Aziende sanitarie locali competenti per territorio. Pena la sua illegittimità. Del resto, anche per ragioni di garanzia, ogni azione di verifica e controllo sulla sicurezza operata da funzionari non appartenenti alle Asl dovrebbe essere coordinata da queste ultime. Anche nella sicurezza, tuttavia, sono ancora troppi gli interventi ispettivi che paiono operati in piena «libertà».

Non senza conseguenze. Interessamenti indebiti, «sconfinamenti» e sovrapposizioni rischiano di creare l’ennesima babele di azioni, provvedimenti e indirizzi distonici in un settore di estrema delicatezza e su cui aziende e professionisti già risultano piuttosto «sotto pressione».

Le attività di indagine in materia di sicurezza da parte di ispettori non appartenenti alle Aa.ss.ll. sono, dunque, all’ordine del giorno, sebbene spesso giustificate come «incidentali», in quanto in effetti destinate alla verifica della regolarità dei rapporti di lavoro e dei loro presupposti legali. Per esempio, come nei casi in cui si intenda valutare la corretta costituzione di qualche contratto di lavoro (cfr. lavoro intermittente) sulla base del presupposto rispetto della normativa della sicurezza. Eppure, a dispetto di quanto ritenuto anche da molte procure della repubblica, tali azioni «funzionali» non spostano di un centimetro le competenze stabilite per legge in materia di tutela psico-fisica del lavoratore. Tantomeno, una volta pure iniziati (come accade), tali interventi potrebbero proseguire con rilievi specialistici e indagini penali sulla salute dei lavoratori. Talvolta, giungendosi addirittura alla contestazione di reati in materia di sicurezza, senza che siano mosse eccezioni di incompetenza neppure da parte delle Procure. Un problema non di poco conto, trattandosi di situazioni che spesso non sembrano affatto distanti dal concretare azioni abusive di pubblici poteri.

Sull’argomento vi è però da segnalare anche una buona notizia. Sembra siano quasi del tutto assenti gli «sconfinamenti» degli ispettori del lavoro e previdenziali negli ulteriori ambiti di competenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Per esempio, lì dove la legge stabilisce specifici poteri in capo al Corpo nazionale dei vigili del fuoco; oppure -per militari e forze di polizia- nei casi di attribuzione ai servizi sanitari e tecnici istituiti presso le Forze armate e le Forze di polizia.

A dimostrazione che, quando si vuole, si riesce a perimetrarsi senza difficoltà nei propri «confini».

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 130 del 03.06.2014]