Con le sentenze n. 1373/2020 e n. 1957/2020, il Giudice del lavoro di Milano conferma che per revocare agevolazioni e per il diniego del Durc, non bastano inadempimenti formali.

Un anno fa, di questi tempi (cfr. “Durc e agevolazioni. Il Giudice di Milano frena l’INPS” in Sintesi, novembre 2019), prendevamo tutti atto di come si intravedesse una luce nelle tenebre del confronto con l’Inps sul possibile godimento di agevolazioni contributive ed esoneri, pure a fronte di mere irregolarità non sostanziali dell’azienda.
Allora era stata la sentenza n. 1762/2019 del Giudice del lavoro di Milano (Giudice Saioni) a fare gridare al “miracolo”, perché capace di sconfessare -peraltro sulla base di argomentazioni giuridiche lineari e riferimenti positivi- le tesi più restrittive dell’Inps.
A una posizione dell’Istituto tendenzialmente volta a conculcare qualunque beneficio in caso di ogni provato -o immaginato- “scostamento”, anche solo formale, dalla regolarità dei rapporti di lavoro (per ritenuta perdita, attuale o potenziale, del Durc), la predetta sentenza replicava in modo attento come fosse “convincente l’osservazione che il Durc negativo possa essere rilasciato solo a fronte di irregolarità sostanziali, inerenti gli obblighi contributivi, non potendo il rifiuto inerire semplici errori commessi nelle denunce contributive -come previsto dal D.M. del 30 gennaio 2015- piuttosto che irregolarità di entità pressoché irrilevante e prontamente sanate”.
Siccome, si sa, una rondine non fa primavera, malgrado tale lampante pronuncia evolutiva, l’Istituto manteneva (e mantiene) il proprio atteggiamento tetragono, affermando, ora e sempre, indefettibilmente, che la formula della regolarità contributiva continua a corrispondere alla risultante dell’operazione aritmetica, “Durc regolare + costanti e corretti adempimenti contributivi + rispetto di condizioni di lavoro e Ccnl”.
Che ciò sia effettivamente e puntualmente previsto da leggi e regolamenti, pero, non e dato riscontrarsi.
Sull’argomento, tuttavia, il pure affannoso 2020 deve registrare un passo in avanti. Infatti, dal Tribunale di Milano arrivano buone notizie per quanti, sostanzialmente regolari dal punto di vista contributivo, si sono visti revocare Durc e recuperare agevolazioni, unicamente per omissioni formali.
Le sentenze del Giudice del lavoro di Milano, n. 1373 del 22.9.2020 e n. 1957 del 11.11.2020, costituiscono una fondamentale conferma delle “intuizioni” del 2019 (oltre che della suddetta sentenza milanese n. 1762/2019, anche di quella antesignana e apripista, n. 1490/2019, del Giudice del lavoro di Roma). Ma, soprattutto, consolidano la giurisprudenza di merito in termini di effettiva garanzia per il contribuente.
Nella causa da cui scaturisce la sentenza n. 1373/2020 (Giudice Tosoni), si era chiamati a considerare le richieste dell’Inps di restituzione di agevolazioni per gli anni 2016-2018, a causa di contestate mancate presentazioni di denunce Uniemens per il 2015 e di presunti insoluti per alcuni mesi dello stesso anno. A fronte di tanto, nel novembre 2018, l’Istituto inviava al contribuente un invito a regolarizzare entro 15 giorni.
L’azienda evocata riusciva a inviare le denunce effettivamente non trasmesse solo oltre i 15 giorni indicati, dimostrando pero come non sussistessero gli insoluti 2015, non avendo nel periodo considerato dipendenti. Malgrado ciò, attesa la tardività della comunicazione delle denunce, non solo veniva formato Durc irregolare, ma scaturivano note di rettifica, con annullamento di tutti gli sgravi contributivi fruiti negli anni precedenti.
A parere dell’Inps, infatti, pure non essendovi violazioni sostanziali, né omissioni contributive, in ragione dell’art. 1, co. 1175, L. n. 296/2006, andava prevista la decadenza dei benefici anche in riferimento a “ipotesi come la presente nella quale non vengano regolarizzate nei termini violazioni puramente formali (che nel caso di specie dovevano essere regolarizzate proprio nel termine di 15 giorni)”.

La valutazione del Giudice del lavoro di Milano, tuttavia, era di segno opposto.

Giudice del Lavoro di Milano, sentenza n. 1373/2020

Questo Giudice ritiene che sia il tenore letterale della normativa di riferimento a sottendere la necessaria correlazione tra irregolarità contributive sostanziali dell’impresa ed impossibilita di ottenere la attestazione di regolarità contributiva (Durc regolare). Il ragionamento della sentenza del Tribunale di Roma, n. 1490/2019 appare certamente applicabile anche alla fattispecie di causa, essendo incontestabile come, non esista una disposizione di legge che esplicitamente ricolleghi al mero ritardo dell’impresa ad ottemperare all’invito alla regolarizzazione nei 15 giorni emesso da Inps l’accertamento di una irregolarità contributiva sostanziale.

Le argomentazioni di Inps, le quali muovono da una interpretazione estensiva e decontestualizzata del disposto di cui all’art. 5 del D.M. 24.10.2007 nonché dell’art. 1, comma 1175 della legge 296/2006, non convincono.
Da un lato infatti la disposizione di cui all’art. 5 deve chiaramente essere letta anche alla luce della normativa sopravvenuta e dunque del D.M. 2015 già citato, dall’altro il semplice ed univoco riferimento alla espressione fermi restando gli altri obblighi di legge di cui al comma 1175 operato da Inps, non chiarisce il perché, nel caso concreto, l’obbligo graverebbe sul datore a fronte di una circolare Inps e non appunto a fronte di legge.
Ne consegue che, non sussistendo presupposti sostanziali di irregolarità contributiva, né potendo quindi l’Ente conseguentemente emettere Durc irregolare, non a fronte della mera tardiva rettifica dell’impresa adempiente sotto il profilo contributivo, non si determina nel caso di specie per parte ricorrente alcuna decadenza ex art. 1 comma 1175 della L. 296/2006 dai benefici contributivi dei quali illo tempore aveva fruito.
L’orientamento motivato della menzionata decisione ha trovato successiva conferma e completamento nella sentenza n. 1957/2020 (Giudice Gigli).
Nel caso considerato, un professionista aveva sempre provveduto al versamento di contribuzione nei termini, mentre -per cause a lui non imputabili e dovute alla sola condotta di propri dipendenti- non aveva effettuato con rispetto dei tempi le previste denunce mensili all’Istituto. Le aveva però trasmesse, sia pure tardivamente, una volta venuto a conoscenza di quanto accaduto.
L’Inps non contestava la tempestività e misura dei versamenti contributivi, ma fondava la propria difesa sul fatto che la nozione di adempimento contributivo presupporrebbe il rispetto di tutti i comportamenti che la legge richiede al soggetto passivo, datore di lavoro, al fine del regolare svolgimento del rapporto contributivo-previdenziale.
In definitiva, come usualmente fa, l’Istituto rimarcava come il rispetto della regolarità contributiva, lungi dal potersi considerare limitato al solo pagamento dei contributi, può proclamarsi solo in presenza di un’adesione ampia e completa a ogni requisito di conformità tipica, comunque dato.

Non di questo parere, però, si è mostrato il Giudice del lavoro di Milano.

Giudice del Lavoro di Milano, sentenza n. 1957/2020

Nel caso di specie ci troviamo pacificamente di fronte a un inadempimento di natura solo formale dovuto peraltro -circostanza non secondaria- al comportamento illegittimo e imprevedibile di un dipendente del professionista opponente.

L’interpretazione della normativa applicabile al caso in esame va nel senso che il Durc vada negato solo a seguito dell’accertamento di un inadempimento di natura sostanziale. Lo stesso art. 3 salva addirittura “uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate” a riprova che ove tutta la contribuzione sia versata -come nel caso in esame- la regolarità debba essere riconosciuta.
Ne, infine, può condividersi l’interpretazione dell’art. 3 del D.M. 30/1/2015 fornita dall’Inps secondo cui l’espressione “pagamenti dovuti”, “scaduti sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata, a condizione che sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce retributive” dimostra che presupposto per la dichiarazione di regolarità contributiva e il rispetto del complesso di adempimenti posti a carico del datore di lavoro ovvero la presentazione delle denunzie obbligatorie e il relativo pagamento.
Si osserva infatti come l’interpretazione della norma sia piuttosto quella secondo cui a rilevare e il pagamento effettuato in ritardo non solo rispetto alla data di versamento, ma anche rispetto alla data di presentazione della denuncia.
Anche tale norma peraltro altro non fa che attribuire rilevanza all’atto “sostanziale” del versamento.

Siamo di fronte a un orientamento di garanzia sempre più consistente, di ottimo auspicio per il futuro, ma che ancora non pare avere iniziato a scalfire le abitudini -e le pretese- degli istituti previdenziali. Serve attenzione e vigilanza (tanto più per il prossimo tempo, che, va temuto, per note ragioni, sarà di poca indulgenza quanto ai recuperi contributivi) nel segnalare le distorsioni giuridiche, come pure nel rilevare le positive evoluzioni della materia.

Accortezze che senz’altro possono venire assicurate dai consulenti del lavoro, grazie alla loro capillare presenza nel mondo del lavoro e la costante dialettica con le strutture burocratiche che gestiscono la previdenza nel nostro Paese.

di Mauro Parisi

[Sintesi n. 11/2020]