Il convivente di fatto che assiste un disabile ai sensi delle legge 104/1992 (sull’assistenza e i diritti delle persone handicappate) non ha diritto alla pensione anticipata con requisiti ridotti che invece spetta al coniuge o a coloro che hanno contratto un’unione civile.

E’ quanto ha stabilito la sentenza n. 178 del 17 gennaio 2024, pubblicata il 27 febbraio, del Giudice del lavoro di Milano (Colosimo), che opera un’accurata analisi delle ragioni del diverso trattamento che va impartito alla luce delle attuali previsioni normative. Una differenziazione, a favore dei rapporti che corrono tra mariti e mogli o tra quanti sono uniti civilmente, da ritenersi costituzionalmente corretta.

La vicenda portata all’attenzione del giudice atteneva a un lavoratore, convivente di fatto, e fin dal 2020, con una persona riconosciuta in condizione di handicap con connotato di gravità (art. 3, comma 3, legge 104/1992). Il lavoratore convivente già fruiva di benefici riconosciuti dalla legge per l’assistenza e nel 2022 presentava domanda di pensionamento anticipato, ritenendo di trovarsi nella condizione prevista dalla legge 232/1999.

Quest’ultima stabilisce la riduzione del requisito contributivo ai fini della pensione, tra l’altro, per quanti assistono, al momento della richiesta, e da almeno sei mesi, il coniuge con disabilità in situazione di gravità.

Un beneficio esteso dall’articolo 3 del dpcm n. 87/2017 anche a colui che, al momento della richiesta di pensionamento, assiste, da almeno sei mesi, la persona con cui ha contratto un’unione civile.

Secondo l’assunto del lavoratore, la disciplina avrebbe dovuto trovare applicazione anche nell’ambito delle convivenze more uxorio della legge n. 76/2016. Per cui, a completamento dell’estensione dei benefici della legge 104 che, nel tempo, era già stata riconosciuta dall’ordinamento al convivente, si sarebbe dovuto riconoscere pure l’ulteriore diritto al pensionamento anticipato che l’Istituto invece negava.

Il Tribunale di Milano considera in effetti non equiparabili i rapporti tra conviventi con coniugio e unioni civili. Infatti, se dalla fine del matrimonio o dell’unione sorgono comunque doveri di assistenza e mantenimento, dalla fine della convivenza, revocabile in ogni tempo e senza difficoltà, possono sorgere solo eventuali e remoti obblighi alimentari in caso di bisogno.

Per cui, mentre l’estensione dei diritti temporanei sull’assistenza sono giustificati in pendenza del rapporto, in caso di pensione anticipata il convivente che assiste il disabile si avvantaggerebbe in modo permanente del beneficio dall’Inps, potendo però rescindere in ogni tempo il rapporto senza obblighi sostanziali.

Per la sentenza n. 178/2024, «diversamente argomentando, emergerebbero profili di potenziale illegittimità costituzionale per discriminazione a contrario: il convivente more uxorio, difatti, vedrebbe acquisito in via definitiva il diritto alla pensione anticipata senza, tuttavia, esser gravato – in caso di scioglimento del vincolo – dai medesimi obblighi posti a carico degli ex coniugi o parti dell’unione civile» e beneficiando, «senza un’oggettiva giustificazione, di una condizione di evidente miglior favore».

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 52 del 01.03.2024]