Se ne parla poco, o non se ne parla affatto Eppure, come previsto dall’art. 1, comma 7, lettera l) della legge 183 del 2014 (il noto Jobs Act, per intendersi), inizia ad allungarsi su aziende e professionisti l’ombra del nuovo Ispettorato nazionale del lavoro.

All’apparenza, un ritorno al passato, come i meno giovano ricorderanno. Ma non è così.

In realtà, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (proviamo a definirlo IS.NA.L.) -a parte il nome che richiama la “storia”- ci si mostra come “qualcosa” di mai visto prima. Un’“entità” assolutamente nuova chiamata a incidere profondamente nelle vicende nazionali dei controlli in materia di lavoro.

Insomma, un organismo che farà rivivere -solo nel nome- il “senso” degli uffici ispettivi ministeriali aboliti da anni. La sua vera essenza coinciderà, però, con una “sostanza” parastatale mai comparsa nel nostro panorama amministrativo.

Una “sostanza”, si direbbe, molto “temibile”.

Il nuovo Ispettorato Nazionale, infatti, sarà un soggetto autonomo e “sganciato” da ministeri ed enti previdenziali. Un corpo di polizia (perché tale è) eretto ad agenzia ed ente pubblico indipendente dal punto di vista organizzativo e contabile. Insomma, un’entità capacità di reale libertà di manovra nei confronti di cittadini e aziende, con assegnazione di poteri di vera primazia nei controlli su altri organismi pubblici del lavoro, tra cui, in testa, l’INPS.

Ragionando su cosa potrà rappresentare per tutti gli operatori del lavoro il nuovo IS.NA.L. (per ora, riproviamo a chiamarlo così), va innanzitutto ricordato quanto oggi incida sulle dinamiche economiche imprenditoriali –a partire da una corretta e realistica valutazione dei costi del lavoro-, l’attenta considerazione, da parte di aziende e professionisti, del rischio che si verifichino controlli in materia di lavoro. E di quale sia l’alea delle valutazioni che possono assumere i funzionari chiamati a giudicare e punire le scelte aziendali.

Come tutti i professionisti del lavoro sanno, negli anni (e, con un crescendo rossiniano, soprattutto negli ultimi), nella grande generalità dei casi, i rapporti tra ispettori, aziende e professionisti non sono stati affatto improntati alla più agevole e reciproca comprensione.

Dunque, all’alba della creazione del nuovo Ispettorato nazionale sembrerebbe più che fondato e comprensibile il timore di molti (non di legittime ispezioni di per loro, ma della loro non rara “irrazionalità”) che un’agenzia autonoma della vigilanza possa incidere profondamente sulla vita e sulle vicende del lavoro nel nostro Paese. C’è chi pensa che se ciò accadeva in passato con equanimi organismi ad ampio “spettro” di competenze (Ministero del lavoro, INPS, INAIL, in testa), tanto più potrebbe succedere con un tale soggetto autonomo, avente quale proprio core business, appunto, il fare controlli sul lavoro.

Rispetto al passato, solo un revirement reale e non di mera facciata (come sovente accade) dell’agire pubblico, potrà convincere tutti che si sia effettivamente entrati in una nuova “era” dei rapporti con l’amministrazione. Il tempo dirà.

Per ora, però, è difficile da credere, se si pensa che, sostituendosi l’IS.NA.L. al Ministero del lavoro (con pieno travaso dei suoi funzionari ispettivi), in effetti non verranno meno altri soggetti storici dei controlli sul lavoro. Come l’INPS e l’INAIL con i loro funzionari. Una “commistione” esplosiva?

Vero che gli interventi governativi a seguito del Jobs Act desiderano pervenire a un’“Agenzia unica per le ispezioni del lavoro”. Ma è altrettanto vero, per esempio, che il personale ispettivo già appartenente all’INPS e all’INAIL non “confluirà” immediatamente all’IS.NA.L., continuando a svolgere la propria consueta attività presso i propri Istituti di appartenenza. Considerando che tali funzionari verranno inseriti in un apposito ruolo a esaurimento, viste le recenti assunzioni di trentenni (soprattutto da parte dell’INPS), si può facilmente prevedere –rebus sic stantibus- una fase trapasso di oltre trent’anni. In definitiva, come prima (ma, forse, un po’ peggio) si continuerà a “ragionare” con più soggetti pubblici: tra cui, per lo più, i soliti.

Fin da subito, tuttavia, con il suo direttore unico, il suo consiglio di amministrazione, il suo collegio dei revisori, le sue ottanta sedi territoriali, i suoi due dirigenti generali e ottantotto non generali, oltre ai suoi seimilatrecentocinquantasette funzionari, l’Ispettorato nazionale del lavoro si appresta a esercitare e coordinare su tutto il territorio nazionale la “vigilanza in materia di lavoro, contribuzione a assicurazione obbligatoria nonché legislazione sociale, ivi compresa la vigilanza in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

L’IS.NA.L., oltre al potere di emanare circolari e direttive in materia di controlli ispettivi, avrà il potere di dettare linee di condotta e direttive di carattere operativo. Chiaramente per “tutti”, a cominciare da INPS e INAIL, con le loro complesse dinamiche istituzionali.

Peraltro, non mancheranno poteri decisori in capo alle diverse sedi dell’Ispettorato, divenendo destinatarie dei ricorsi in materia di lavoro già previsti dalla legge 689 del 1981 (quelli in materia di illeciti amministrativi), dei ricorsi ai Comitati per i rapporti di lavoro (istituiti presso le sedi dell’Ispettorato medesimo) e del nuovo ricorso ai sensi dell’art. 16, D.Lgs 124/2004, nei confronti degli atti di accertamento adottati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.

La preoccupazione di garantire la quanto più rapida funzionalità dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, farà sì che -nella fase di avvio (e per un tempo stimato in massimo tre anni)- il Direttore venga “sostenuto” da un Comitato Operativo di cui faranno parte esperti del Ministero del lavoro, INPS e INAIL.

Tuttavia, già consci dei difficili compiti di “unificazione” a cui viene chiamata la nuova agenzia delle ispezioni, sarà la legge a prevedere espressamente “che ogni … organo di vigilanza che svolge accertamenti in materia di lavoro e legislazione sociale è tenuto a raccordarsi con le sedi centrali e territoriali dell’Ispettorato”. Inoltre, che vari organismi (tra cui, per esempio, l’Agenzia delle entrate) debbano mettere a disposizione “dati e informazioni, sia in forma analitica che aggregata”, “minacciando”, in caso di “inosservanza delle disposizioni… l’applicazione delle norme in materia di responsabilità dirigenziale”.

Un viatico molto significativo del clima “aspro” che si respira nella pubblica amministrazione del nostro Paese.

di Mauro Parisi

[Sintesi n. 10 – Ottobre 2015]