Sono ripartiti il 1 luglio 2021 i termini della prescrizione quinquennale per i contributi INPS. Fare i calcoli, però, non è facile.

    • per gli ispettori, nel 2014, l’amministratore di un’immobiliare avrebbe dovuto iscriversi e versare contribuzione alla gestione commercianti
    • dato che non compie alcuna attività di lavoro, l’amministratore, prima di decidere, presenta ricorsi amministrativi e giudiziali
    • nel 2021 l’INPS richiede agli eredi la contribuzione, ritenendo che, ferme le sospensioni 2020-21, la prescrizione sia stata interrotta dal giudizio poi estinto
    • per la s.c. interrompono i termini di prescrizione solo le richieste del creditore. Se no la prescrizione ha efficacia comunque estintiva per l’INPS

La vicenda

A seguito dell’accesso ispettivo presso uno studio professionale, al cui indirizzo trovano la propria sede legale alcune società, al socio di maggioranza e amministratore di una società immobiliare, nel 2012, veniva contestata dall’INPS, con apposito Verbale notificato, la mancata iscrizione alla Gestione Commercianti e i versamenti dal 2009 alla medesima.

Ritenendo di non avere i requisiti per l’iscrizione alla Gestione commercianti, non compiendo di fatto alcuna attività di lavoro in seno alla società, ed essendo del resto pensionato che viveva gran parte dell’anno all’estero, l’amministratore proponeva ricorso all’Istituto nel 2013.

Rimasto senza risposta il ricorso amministrativo, nel 2013, il medesimo decideva di rivolgersi al Giudice del lavoro per fare accertare la propria effettiva condizione e fare dichiarare il proprio diritto a non dovere versare la contribuzione richiesta.

Nel corso del giudizio, tuttavia, il ricorrente decedeva. Il processo si interrompeva nel 2015 e, quindi, estingueva, non venendo più riassunto dall’INPS nei confronti degli eredi.

Nell’estate del 2021 gli eredi dell’amministratore ricevevano dall’INPS la richiesta della contribuzione già avanzata molti anni prima all’amministratore.

Parendo essersi già realizzata la prescrizione -e, comunque, nel merito, non ritenendosi dovuta la contribuzione- gli eredi desiderano ora agire per evitare l’esborso.

La soluzione

A seguito della pandemia COVID-19, si è venuta a creare una problematica molto delicata sul tema delle valutazioni da fare quanto all’effettiva realizzazione della prescrizione del diritto ai contributi dovuti all’INPS e dagli altri Istituti di previdenza.

Come noto, per la richiesta e il versamento della contribuzione, sussiste attualmente un termine di cinque anni (“A decorrere dal 1 gennaio 1996 tale termine è ridotto [da dieci] a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti”), previsto dall’art. 3, comma 9, legge n. 335/1995.

Tale termine decorre dal momento in cui la contribuzione doveva essere versata all’Istituto e può essere soggetto a interruzione (per cui il termine inizia a decorrere nuovamente), ove se ne faccia formale richiesta al debitore, ai sensi dell’art. 2943, cod.civ. (es. con avviso bonario) entro i predetti termini di legge.

Ritenendo che le regolamentazioni sulla sospensione della decorrenza della prescrizione nel corso della pandemia -e le relative questioni, del tipo di quelle inerenti alla vicenda-, vengono ora a costituire motivi d’interesse generale, l’INPS ha emanato l’esplicativa Circolare n. 126 del 10.8.2021 (sul tema si veda anche la Circolare n. 64 del 28.5.2020), relativa a “Sospensione dei termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria”.

La disamina dell’INPS parte dalle previsioni normative di sospensione della contribuzione (per cui il termine di decorrenza della prescrizione si “blocca” per un dato periodo) a causa della pandemia, negli anni 2020-2021.

Come noto, la prima sospensione venne disposta nel 2020, dalla disposizione emergenziale dell’art. 37, D.L. n. 18/2020, convertito dalla legge n. 27/2020 dal 23.2.2020 al 30.6.2020, per un periodo pari a 129 giorni.

STOP 2020 ALLA PRESCRIZIONE

Così l’art. 37, D.L. 18/2020

I termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria di cui all’articolo 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995 n. 335, sono sospesi, per il periodo dal 23 febbraio 2020 al 30 giugno 2020 e riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo.

Il secondo periodo di sospensione venne stabilito nell’anno seguente, dal 31.12.2020 al 30.6.2021, in forza dell’art. 11, c. 9. D.L. n. 183/2020, convertito dalla legge n. 21/2021, per complessivi 182 giorni.

STOP 2021 ALLA PRESCRIZIONE

Così l’art. 11, D.L. n. 183/2020

I termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria di cui all’articolo 3, comma 9, della

legge 8 agosto 1995, n. 335, sono sospesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 30 giugno 2021 e riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo.

L’INPS, a uso dei suoi uffici, ma con utilità per tutti i cittadini e professionisti, evidenzia così, anche con apposite illustrazioni esemplificative, le situazioni relative alla prescrizione che si potrebbero creare a causa del decorso dei diversi periodi di sospensione.

INDICAZIONI DALL’INPS

Così la Circolare INPS n. 126/2021

Prescrizione che doveva maturare tra il 23.2.2020 e il 30.6.2020

Nel caso in cui il termine quinquennale di prescrizione doveva maturare durante il periodo di sospensione compreso tra il 23.2.2020 e il 30.6.2020, il computo del residuo termine quinquennale della prescrizione deve avvenire a partire dal 1.7.2020, sommando 129 giorni all’originario termine di maturazione della prescrizione.

Prescrizione che matura dal 31.12.2020

Nel caso in cui il termine quinquennale di prescrizione maturi a partire dal 31 dicembre 2020, il nuovo termine si determina sommando per intero la sospensione di cui all’articolo 37, comma 2, del decreto-legge n. 18/2020 e la sospensione di cui all’articolo 11, comma 9, del decreto-legge n. 183/2020 (129 giorni + 182 giorni).

Venendo al caso proposto, non vi è dubbio che la notifica del Verbale di accertamento, con la relativa richiesta dei contributi che si presumono dovuti, abbia interrotto nel 2012 la prescrizione del diritto ai medesimi. Il termine, da allora, procedeva così nuovamente a decorrere, a prescindere dall’apertura della successione, con apparente perfezionamento della prescrizione nel 2017.

Tuttavia, a quanto sembrerebbe, per l’INPS la causa giudiziale avrebbe introdotto un ulteriore ragione di interruzione della prescrizione, con suo nuovo decorso dal 2015, al momento dell’estinzione del giudizio.

Se tale fosse il caso, calcolando correttamente ai fini della maturazione della prescrizione anche i tempi di sospensione stabiliti dalle due disposizioni emergenziali, all’atto della richiesta agli eredi non si potrebbero dire trascorsi i cinque anni di legge.

Va però osservato come per la Cassazione costituiscano validi atti di interruzione solo quelli provenienti dal creditore. Per cui, l’azione di accertamento promossa dal debitore non determinerebbe interruzioni di sorta del termine prescrizionale (Cassazione, sentenza n. 15292/2020).

INTERRUZIONI: NO DAL DEBITORE

Così la Cassazione, sentenza n. 15292/2020

Ai fini dell’interruzione della prescrizione ai sensi dell’art. 2943, 1 comma c.c. non è sufficiente una domanda di accertamento negativo proposta dal debitore essendo invece necessaria la proposizione di una domanda da parte del creditore. E ciò perché la prescrizione è rivolta a sanzionare l’inerzia del titolare nell’esercizio del diritto e non viene interrotta dall’azione del soggetto passivo del rapporto rivolta a contestare l’esistenza stessa del diritto.

In definitiva, fermi i pure vantabili motivi di merito, nel caso proposto gli eredi potranno comunque anche validamente opporre l’eccezione di avvenuta prescrizione del diritto.

A tale fine va sottolineato come l’eccezione di prescrizione opposta dagli eredi potrebbe essere anche generica, a mente del principio fissato dalla Suprema Corte, sentenza n. 31345/2018, che ha ritenuto -secondo quanto chiarito da SS.UU. n. 23397/2016-, come in materia previdenziale, sottraendosi il regime della prescrizione già maturata alla disponibilità delle parti, la stessa deve essere rilevata anche d’ufficio dal Giudice. In definitiva, una volta esaurito il termine, essa opera “automaticamente”, avendo efficacia estintiva -e non semplicemente preclusiva-, atteso che l’Istituto creditore non può rinunciarvi.

a cura di Studio Legale VetL

[V@L – Verifiche e Lavoro n. 4/2021]