Con la Delibera del 18 gennaio 2023, è entrata in vigore la nuova regolamentazione dei ricorsi amministrativi all’Inps nelle materie di sua competenza. L’aspettativa è che, finalmente rispetto al passato, l’Istituto prenda in seria considerazione le difese degli interessati e l’auspicio quello che si abbandoni la linea di silenzi e costanti rigetti “di posizione”. Tanto più alla luce dei già preannunciati interventi in materia di autotutela. Diventa più che mai opportuno, perciò, che gli operatori conoscano i contenuti tecnici del Regolamento, al fine di gestire al meglio le nuove opportunità di fare contenzioso.

di Mauro Parisi

Il nuovo Regolamento 18.1.2023 dell’Inps sui ricorsi amministrativi all’Istituto, nella sostanza e senza formale abrogazione, prende il posto di quello adottato dieci anni fa, con la Determinazione del suo Presidente, n. 195 del 20.12.2013 (si può prendere visione del Regolamento cliccando qui).

Come sempre accade con provvedimenti di ampia portata e impatto generale, notevoli sono gli interessi suscitati e molto comprensibili le aspettative che si accompagnano. La speranza è che siano finalmente garantiti i diritti dei cittadini e facilitata l’azione dei professionisti e intermediari. Solo il tempo, però, potrà dire se si registrerà un’effettiva discontinuità rispetto a quanto accaduto finora, con le diffuse e note carenze di considerazione delle doglianze di contribuenti e assistiti.

Concepito per garantire un riordino complessivo della materia alla luce delle novità sopravvenute nel tempo, il Regolamento in discorso viene introdotto con la delibera del Consiglio di Amministrazione del 18.1.2023, n. 8 e sembra destinato a disciplinare in via principale piuttosto i nuovi rapporti interni all’Istituto (per definitiva soppressione di Inpdap e Enpals; con riguardo ai nuovi Fondi di solidarietà bilaterali, eccetera) tra i diversi organismi coinvolti e le loro rispettive competenze, che l’esercizio del diritto degli utenti interessati a fare valere le loro ragioni. Ma non manca neppure ciò.

Stando alle prime dichiarazioni ufficiali e alla programmazione del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps (CIV), il rinnovato strumento dovrebbe costituire solo un passaggio verso l’adozione di ulteriori provvedimenti realmente in grado di determinare una deflazione del contenzioso dell’Istituto e di favorire effettivamente la considerazione delle ragioni dell’utenza. Anche in via di autotutela.

Nell’attesa dei nuovi preannunciati sviluppi, e in un’epoca in cui pare sempre più complesso fare sentire le proprie ragioni, risulta opportuno, innanzitutto, focalizzare l’attenzione su quanto potrà essere utile agli utenti/contribuenti per confrontarsi efficacemente con il riesame dell’Inps.

È opportuno perciò innanzitutto ricordare che a qualunque Comitato o Direzione sia destinato, il ricorso amministrativo all’Inps dovrà essere presentato solamente in modalità telematica attraverso l’apposito sistema Ricorsi online, sul sito dell’Istituto. Ciò deve avvenire “autenticando” la propria persona, quale soggetto interessato o intermediario dotato di delega apposita.

Il ricorso amministrativo ai Comitati …, nonché al Direttore regionale … deve essere presentato avverso i provvedimenti adottati dall’Istituto esclusivamente in via telematica, direttamente dall’interessato ovvero tramite patronati o altri intermediari abilitati ai sensi delle vigenti disposizioni.

Stimolante novità è la previsione per cui, nel caso in cui manchi la sottoscrizione del soggetto legittimato, il Ricorso sarà ritenuto comunque validamente prodotto, in quanto “l’utilizzo degli strumenti previsti per l’accesso ai servizi on-line dell’Istituto ne garantisce comunque la riferibilità al ricorrente”.

Presupposto della presentazione del ricorso, beninteso, è l’esistenza di un “provvedimento” dell’Istituto di qualunque genere, che sia in qualche modo lesivo (es. richieste di recuperi contributivi, rigetto alla concessione di ammortizzatori, ecc.) e per cui sussista un interesse sostanziale alla revisione.

In via generale, i ricorsi possono essere presentati entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento dell’Inps, oppure dal 121° giorno di silenzio, quando l’ente era chiamato a pronunciarsi espressamente su una determinata istanza.

Il ricorrente può impugnare il provvedimento emesso dall’Istituto entro novanta giorni dalla data della sua ricezione … In caso di mancata adozione del provvedimento da parte della sede, il termine per la proposizione del ricorso amministrativo decorre dal centoventunesimo giorno successivo a quello di presentazione della relativa domanda, salvo non sia diversamente previsto.

Esistono tuttavia delle eccezioni enunciate dal Regolamento, quanto ai termini di ammissibilità dell’impugnazione, la più significativa delle quali concerne il rigetto delle domande di integrazione salariale ordinaria e nel settore agricolo (nonché, ma non solo, nelle materie di competenza dei Fondi di solidarietà), il cui termine è di 30 giorni a pena di inammissibilità.

Certo, destreggiarsi tra i molti comitati, commissioni e direzioni e le rispettive competenze, appare un affare piuttosto complicato che potrebbe scoraggiare anche i professionisti a farsi promotori di difese e interventi.

Al riguardo risulta, però, assolutamente favorevole e di garanzia la ribadita previsione generale per cui il ricorso amministrativo, comunque presentato, anche in difetto di corretto indirizzo all’organismo competente (o, per esempio, se indirizzato approssimativamente alla sede territoriale Inps il cui atto viene impugnato), viene ritenuto sempre ricevibile e procedibile, senza rilievi di incompetenza.

In definitiva, qualsivoglia ufficio Inps sarà tenuto a trasmettere all’organismo effettivamente competente l’impugnativa presentata.

Ogni successiva informazione sulle impugnazioni verrà effettuata in via telematica, forma in cui può essere sempre consultato lo stato della pratica.

Il ricorso indirizzato ad un Comitato diverso da quello competente è da considerarsi validamente presentato, nella stessa data, al Comitato competente a decidere. In tale ipotesi, l’ufficio ricevente provvede a trasmettere tempestivamente il ricorso all’ufficio competente ai fini della decisione dello stesso da parte del Comitato competente.

L’elenco dei ricorsi pervenuti a ogni ufficio ricevente viene trasmesso al Comitato competente con cadenza mensile. Nel fare ciò, la sede territoriale dell’Inps, ovvero la Direzione centrale, nei casi di sua competenza, provvedono all’istruttoria del ricorso medesimo, per fare pervenire poi al Comitato il relativo il fascicolo elettronico composto dal ricorso medesimo (e dai documenti e atti eventualmente prodotti dal ricorrente), dalla relazione istruttoria, corredata dai documenti a supporto, e “dallo schema della proposta di deliberazione”.

Quantunque il Comitato competente “possa acquisire in ogni caso ulteriori elementi utili alla decisione”, è facile intuire che l’invio di uno schema di proposta di deliberazione -sostanzialmente una bozza di decisione- proveniente dalla medesima sede il cui provvedimento si impugna, rende poco pronosticabile che le ragioni promosse dagli interessati con i ricorsi possano venire valutate in modo sostanzialmente neutro, discostandosi da quanto proposto.

La circostanza merita senz’altro qualche riflessione per il futuro.

Il comitato o la direzione competente chiamati a decidere l’impugnazione, lo devono fare espressamente entro i termini di legge, che anche il Regolamento riconferma essere di 90 giorni, che decorrono dalla presentazione della stessa impugnativa.

Il termine di novanta giorni per la decisione del ricorso decorre dalla data di ricezione del ricorso attestata dal protocollo informatico.

Il Comitato ha potestà di esaminare i ricorsi e di assumere decisioni in merito anche dopo la scadenza del termine di novanta giorni previsto per la decisione.

Una volta spirati i 90 giorni, come noto, il ricorso si intende respinto per c.d. silenzio rigetto. Ciò non toglie, come conferma il Regolamento, che permane all’Inps il potere di assumere la decisione anche in seguito. Fermo che l’azienda rischia nel frattempo l’irregolarità (se si tratta di pretese contributive), solitamente, ove non s’intenda versare quanto richiesto, ci si avvierà a procedere con gli ulteriori strumenti giudiziari. L’accoglimento anche “tardivo” delle ragioni del ricorrente, chiaramente, farà venire meno l’interesse a proseguire l’eventuale giudizio intrapreso (ma salve le spese legali eventualmente dovute dall’Inps).

Va appena osservato come, per il Regolamento, la competenza a risolvere le questioni principali comporti altresì quella a risolvere anche quelle pregiudiziali e connesse (es. debenza di sanzioni civili, contributi, ecc.), salvo diverse previsioni specifiche.

Non sempre, però, la definizione dei ricorsi presentati viene adottata espressamente dagli organismi competenti (o nel loro silenzio), atteso che per vizi rilevabili ictu oculi di inammissibilità, improcedibilità, irricevibilità e cessata materia del contendere, è prevista una “decisione” “in via amministrativa”.

Ossia, in sostanza, con comunicazione da parte dei funzionari che seguono l’istruttoria della pratica.

A tale soluzione, molto praticata, anche impropriamente, dalle sedi, tuttavia, l’interessato si può opporre.

In ogni caso, i ricorsi definiti in via amministrativa … possono essere sottoposti alla decisione del competente Comitato qualora il soggetto interessato ne faccia specifica istanza, garantendo a tal fine allo stesso un’adeguata informazione.

Nei casi in cui, invece, l’organismo competente assume l’espressa decisione sul ricorso -se ciò accade-, la pronuncia viene trasmessa in via telematica alle sedi territoriali dell’Istituto che vi devono dare esecuzione. La partita con l’amministrazione parrebbe quindi, in questa fase, chiusa, salvo una potenziale, ma remota, possibilità che le decisioni siano revocate.

Va annoverata, però, anche la possibilità per cui le sedi territoriali possano stabilire di sospendere, per motivi di rilevata illegittimità, la deliberazione del Comitato.

L’esecuzione delle decisioni adottate dai Comitati centrali e dai Comitati provinciali, qualora si evidenzino profili di illegittimità, può essere sospesa entro cinque giorni dalla data della relativa deliberazione, rispettivamente, dal Direttore generale … e dal Direttore territoriale competente o suo delegato…

L’eventuale sospensione (sul cui effettivo ricorso all’adozione da parte degli uffici, alla luce dell’esperienza passata, è ammissibile nutrire qualche scetticismo, salvo che per errori macroscopici e materiali in cui si fosse incorsi) viene comunicata a chi ha proposto il ricorso.

A questo punto si innesca una procedura di revisione che vede coinvolto, a seconda dei casi, il Consiglio di Amministrazione dell’Istituto o il Comitato amministratore centrale, a cui viene presentata una proposta di nuova deliberazione che va accettata o meno entro 90 giorni. Trascorsi i quali senza responso, “la decisione diviene comunque esecutiva”.

Merita infine particolare attenzione quanto stabilito in materia di autotutela, per cui le impugnazioni “atipiche” indirizzate direttamente alle sedi che hanno adottato gli atti o agli uffici a loro sovraordinati (le quali, dunque, non devono rispettare i limiti di forma e modalità del Regolamento), non devono incidere sulle vicende dei ricorsi amministrativi tipici (quelli del Regolamento, per intendersi).

Salvo nel caso in cui -si suppone per evitare contrastanti definizioni- questi ultimi siano già in decisione presso i rispettivi Comitati.

L’avvio di un procedimento in autotutela non interrompe e non sospende i termini per la proposizione dei ricorsi in via amministrativa.

Dopo la presentazione del ricorso amministrativo e in ogni fase della sua procedimentalizzazione, l’Istituto, qualora ne ricorrano i presupposti, procede in autotutela, tranne nell’ipotesi in cui il ricorso stesso sia già stato inserito all’ordine del giorno della seduta del Comitato.

Il nuovo corso aperto dal Regolamento del 18.1.2023 saprà essere innovativo, nella misura in cui, con discontinuità rispetto al passato, si inizieranno a considerare estesamente e in modo sostanziale -con valutazioni effettive e non solo con formalismi procedurali- le impugnazioni presentate.

La riprova che si tratta di una materiale evoluzione ben oltre i buoni propositi, ce la segnalerà, quale indice indiscutibile, il riconoscimento delle ragioni di contribuenti e aziende, in misure percentualmente verosimili dal punto di vista statistico (va da sé che gli odierni accoglimenti dei ricorsi proposti per soli pochi punti percentuali, non sono intuitivamente plausibili).

Il preannunciato nuovo corso si sostanzia in una prospettiva ambiziosa che richiederà un cambio di passo e un notevole impegno di personale da parte degli uffici dell’Inps.

Ma l’impegno appare sincero e le aspettative grandi.

[Sintesi n. 2/2023]

[Articolo pubblicato anche su www.verifichelavoro.it]