Disattese le aspettative di deflazione delle vertenze.

Potersi difendere dagli ispettori del lavoro solo davanti al giudice. Oggi alle imprese può accadere anche questo. Sono, infatti, attualmente molto scarse le possibilità che un datore di lavoro che subisce un controllo ispettivo si veda riconoscere le proprie ragioni da uno dei 21 Comitati regionali per i rapporti di lavoro operanti in Italia. Anzi, in talune regioni affermare che le probabilità di successo di un ricorso amministrativo relativo a qualificazioni e sussistenza di rapporti di lavoro sono solamente «scarse», appare un eufemismo: esse rasentano piuttosto lo zero. Solo un po’ meglio, insomma, che per i ricorsi presentati in via telematica all’Inps. Ma quanti sono davvero i ricorsi ai Comitati regionali per i rapporti di lavoro che ogni anno vengono presentati in Italia e quanti di essi che hanno esito positivo? Quello relativo alla vita e all’azione di tali organismi, è uno dei segreti meglio mantenuti del nostro paese. Di dati ufficiali, infatti, ne girano molto pochi. Eppure le diffuse esperienze maturate dagli operatori, da Nord a Sud, nel corso di dieci anni di attività dei Comitati regionali appaiono convergere verso la medesima sfiducia. La sensazione è che ogni Comitato regionale rappresenti sovente una repubblica che vive di prassi proprie, a tratti inquietanti. Come nel caso di quel Comitato regionale (di una regione del Nord) in cui è stato provato che nel corso di giornate di attività tutti i ricorsi presentati erano stati respinti. Possibile, ma statisticamente singolare. E deprimente per gli sforzi difensivi.

Istituiti nel 2003 da uno dei decreti attuativi della Riforma Biagi (dlgs 124/2004), tali organismi, collocati presso le direzioni regionali del ministero del lavoro (ma in Sicilia se ne occupa la regione e a Trento e a Bolzano le rispettive province), sono composti dal direttore della stessa direzione regionale del lavoro, che li presiedono, dal direttore regionale dell’Inps e dal direttore regionale dell’Inail.

Alla valutazione e decisione dei Comitati regionali sono destinati tutti i ricorsi amministrativi avverso gli atti e i verbali di accertamento ispettivo, oltreché le ordinanze-ingiunzione, del ministero del lavoro e degli Istituti previdenziali e assicurativi.

Se, per esempio, a seguito di un accesso ispettivo in azienda, i funzionari dell’Inps ritengono non genuini i contratti di co.co.pro. posti in essere, per cui decidono di disconoscerli e di recuperare la contribuzione omessa, è al Comitato regionale dei rapporti di lavoro che si può subito ricorrere. Ma lo stesso ricorso potrebbe essere presentato se gli ispettori del ministero del lavoro reputassero di dovere punire cento giornate di lavoro irregolare presso un datore di lavoro (magari per mere presunzioni e ragionamenti induttivi), contro la prova evidente che ve ne sono state solo cinque di impiego sommerso. Una valutazione corretta del caso da parte del Comitato, oltre a rendere non necessario l’intervento (e la spesa) per avvocati e giudici, potrebbe fare risparmiare all’azienda poco meno di 15 mila euro di sanzioni.

Gratuità del contenzioso per i datori di lavoro, competenza specifica e brevità dei termini dell’istruttoria sono state le ragioni che avevano indotto il legislatore alla creazione del nuovo consesso decisionale. Ma, soprattutto, su tutte, l’intenzione di deflazionare il contenzioso davanti ai tribunali. Le buone intenzioni e l’ottimismo mostrato da molte parti al momento dell’avvio dell’azione dei Comitati regionali per i rapporti di lavoro, tuttavia, si sono dovute scontrare con una ben diversa, e oramai decennale, realtà dei fatti. Ricorsi che mai hanno ottenuto risposta. Decisioni di mero stile o palesemente erronee. Ma anche incapacità diffusa, da parte degli stessi organismi, di agire in posizione di effettiva terzietà: ossia di essere in grado di valutare serenamente l’oggettività dei fatti dedotti, anziché operare una diffusa, e a tratti pervicace, difesa delle posizioni e degli interessi delle stesse amministrazioni del lavoro. Spesso la sensazione è quella che, piuttosto che creare malumori tra amministrazioni, si lasci al giudice il compito di togliere le castagne dal fuoco.

di Mauro Parisi

[ItaliaOggi n. 11 del 14.01.2014]