In materia di autotutela e revisione dei provvedimenti Inps, la poco conosciuta Deliberazione n. 9 del 18.1.2023 costituisce una sorta di rivoluzione copernicana, a sicuro vantaggio di cittadini, contribuenti, aziende e professionisti. Rispetto alle vaghezze del passato, sono infatti ora previsti modi e termini certi per l’avvio espresso del procedimento a seguito delle istanze, l’istruttoria e la decisione. Senza più silenzi-rigetto.
In attesa dei primi monitoraggi ufficiali dell’Inps, tuttavia, la prassi percepita è quella di un diffuso smarcamento delle sedi territoriali dagli adempimenti puntuali oggi previsti.
La circolare n. 47/2023 prova però, adesso, a ridonare slancio e centralità alla disciplina.
Autotutela Inps, questa sconosciuta.
Sembrano ancora davvero pochi coloro che conoscono effettivamente i termini e modi della nuova disciplina delle procedure di revisione dei provvedimenti assunti dall’Istituto.
Si tratta della Deliberazione n. 9 del 18.1.2023 (“Regolamento recante disposizioni in materia di autotutela”), per cui è ora stabilito che nessuna istanza di riconsiderazione delle decisioni assunte possa essere ignorata.
Eppure, in attesa dei previsti monitoraggi dell’amministrazione (ci si augura, resi pubblici), dai primi riscontri di prassi sembra che proprio le sedi territoriali dell’Inps, pure se destinatarie di accorate e motivate istanze da parte di aziende e professionisti, non diano il seguito dovuto alla nuova disciplina.
Il Regolamento n. 9/2023, su cui soprattutto i vertici dell’Istituto hanno mostrato di appuntare grandi aspettative, sembra insomma, almeno finora, scivolato via, silenziosamente. Forse eclissato dalla contemporanea Deliberazione n. 8, del medesimo 18.1.2023, sui ricorsi amministrativi (“Regolamento in materia di ricorsi amministrativi di competenza dei Comitati dell’INPS”. Cfr. al riguardo, Sintesi, febbraio 2023, pag. 13), risulta misconosciuto e inapplicato.
Può pure darsi che, in generale, si sia creato qualche fraintendimento sul reale senso degli articolati e delle nuove discipline Inps (si è soliti definirli entrambi “ricorsi”, sia quelli tipici, sia quelli atipici, che perseguono la revisione spontanea dall’Istituto). Eppure -sebbene in modo non corretto e condivisibile lo stesso Istituto le faccia intendere come “alternative”, quantunque non lo siano affatto- parliamo di “istanze” e “procedure” ben differenti, per organi decidenti ed effetti.
Ma a ridonare slancio e centralità all’azione di revisione e autotutela delle sedi, ci prova ora la Circolare Inps n. 47 del 17.5.2023 (“Deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 9 del 18 gennaio 2023. Regolamento recante disposizioni in materia di autotutela”), chiamata a illustrare la nuova disciplina.
Come noto, da sempre e senza particolari formalità, le Direzioni e i vari organismi dell’Istituto sono destinatari di richieste e suppliche di contribuenti e soggetti interessati, affinché -sostanzialmente sotto forma di “grazia”-, rivedano le loro decisioni in malam partem, riconsiderando i termini di vicende o gli inquadramenti giuridici delle fattispecie trattate.
Sforzi di confronto che solo raramente, però, almeno fino a oggi, hanno “pagato”, trovando funzionari e sedi ricettivi e solerti (quantomeno all’effettiva ponderazione delle difese portate).
Solitamente, come a tutti noto, si sono mostrati sguscianti e refrattari, usualmente privi di qualsivoglia perplessità quanto alle proprie prime decisioni.
Muro contro muro, muri di gomma, silenzi, incaponimenti e sottovalutazioni degli interessi in gioco -non solo di cittadini, aziende e contribuenti, ma anche del medesimo Istituto- sono stati costantemente tali da suscitare quasi commossa meraviglia i rari casi di intervento paternalistico dell’Istituto, capace qua e là di generose concessioni, con la revisione delle proprie posizioni.
Va osservato, tuttavia, che la revisione e l’autotutela, se concedono spazio ai contrapposti interessi del contribuente, lo fanno per la coincidente ricorrenza di un interesse pubblico a non coltivare posizioni contra ius, o comunque prevedibilmente diseconomiche, in quanto perdenti.
In realtà, la revisione di previe decisioni Inps può convenire a tutti. Sull’interesse della pubblica amministrazione a evitare il peggio per sé, agendo di giustizia nel concorrente interesse dei privati, già da molto si esprime l’ordinamento, anche con il suo noto art. 21-novies, Legge n. 241/1990.
Il provvedimento amministrativo illegittimo … può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici… e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.
E seppure la legge minaccia di individuare responsabilità per quanti, nell’amministrazione, omettono di operare per la dovuta autotutela, tra il dire e il fare -porre il principio e darne reale applicazione-, c’è di mezzo il mare.
Per cui, in una logica di effettiva e opportuna deflazione del contenzioso, l’Inps ha lodevolmente pensato di darsi, una volta di più, regole certe: anche in ordine alle spontanee revisioni di proprie precedenti decisioni (cfr. Regolamento n. 9/2023, art. 1, co. 2).
Il Regolamento disciplina le modalità di svolgimento del procedimento di autotutela che, attraverso il tempestivo intervento dell’Amministrazione sui provvedimenti emanati, può prevenire controversie o risolvere contenziosi prima che intervenga la decisione dei soggetti competenti e senza ulteriori aggravi dei procedimenti.
In definitiva, se finora le istanze di revisione erano lasciate sospese in un limbo di incertezze in ordine all’eventualità della loro considerazione e trattazione, adesso esistono precise procedure, non lasciate al libero apprezzamento delle Sedi Inps, ma ineludibili e cogenti (cfr. Regolamento n. 9/2023, art. 1, co. 3: “I provvedimenti con i quali si conclude il procedimento di autotutela sono l’annullamento d’ufficio, la rettifica, la convalida e la revoca”).
Oltre che su istanza della parte interessata e di chi l’assiste, l’avvio del procedimento può avvenire anche d’ufficio, su proposta di chi ha adottato il provvedimento da riesaminare; per esempio, quando sia già stato posto in essere un ricorso giudiziario o amministrativo.
La maggiore certezza del diritto del contribuente alla revisione, la offre l’incontrovertibile previsione -quella da cui le Sedi territoriali paiono soprattutto, ancora oggi, volersi smarcare- concernente il primo onere discendente dall’avvio del procedimento di autotutela (cfr. Regolamento n. 9/2023, art. 3, co. 5).
All’interessato e agli eventuali controinteressati individuati o individuabili ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni deve essere data comunicazione dell’avvio del procedimento di autotutela.
In sostanza, la puntuale disposizione comporta che, se l’interessato invia un’istanza di revisione, obbligatoriamente la Sede Inps è tenuta a comunicare espressamente che è stata avviata un’istruttoria, per comparare gli interessi in gioco e valutare se sia accoglibile quanto richiesto.
Del resto, non si tratta di una comunicazione interlocutoria e di mero stile, atteso che l’istruttoria deve concludersi entro 30 giorni, dalla presentazione della domanda su istanza di parte o, se d’ufficio, dall’avvio del procedimento.
Tra le acquisizioni e valutazioni che necessariamente devono essere operate nel corso dell’istruttoria (cfr. Regolamento n. 9/2023, art. 4), oltre all’“eventuale consultazione di intermediari qualificati per acquisire ulteriori elementi utili alla valutazione”, a tutto favore dell’Istituto vi deve essere anche
l’analisi degli eventuali maggiori risparmi o dei minori oneri finanziari attraverso l’esame dei seguenti elementi:
- rilevanza economica del caso;
- probabilità dell’instaurazione del contenzioso e della soccombenza dell’Amministrazione convenuta in giudizio;
- costi del contenzioso, ripartiti in fase di ricorso amministrativo e ricorso giudiziario, spese legali, maturazione di interessi, oneri per il funzionamento e attivazione della potestà decisionale dei Comitati, dell’attività di difesa e patrocinio legale dell’Istituto;
- entità e sostenibilità dell’eventuale onere a carico dei soggetti interessati al provvedimento oggetto di riesame.
Ma non tutto compete alle Sedi provinciali.
Infatti, allorquando il valore economico della pratica è rilevante, occorre che sia previamente raccolto il parere del Direttore Regionale o del Coordinamento Metropolitano (cfr. Regolamento n. 9/2023, art. 4, comma 3 e 6), salvo che la Sede provinciale Inps non intenda pianamente confermare il provvedimento.
Se il valore economico del provvedimento di autotutela relativo ad un provvedimento emanato da una struttura territoriale eccede la somma complessiva di euro 10.000,00 (diecimila), il Direttore della struttura organizzativa presso la quale opera l’ufficio che ha emanato il provvedimento oggetto di riesame procede alla sua emanazione previa acquisizione dell’assenso del Direttore regionale/Direttore di coordinamento metropolitano di riferimento… Qualora, a seguito dell’istruttoria, si decida di intervenire con un provvedimento di conferma dell’atto oggetto di riesame, nel suo contenuto e nella sua forma originari, indipendentemente dal valore economico del provvedimento riesaminato, non sarà necessario acquisire né il parere, né il previo assenso della Direzione regionale o della Direzione di Coordinamento Metropolitano
Circostanza, quest’ultima, che fa meno propizia (quantomeno per pastoie burocratiche e complicazioni) la prospettiva di revisioni e autotutele, rendendo senza dubbio più facili e meno impegnativi i dinieghi delle istanze di aziende e professionisti, piuttosto che il loro accoglimento.
Sia come sia, a ulteriore garanzia dell’attenzione che deve essere comunque prestata dalle sedi dell’Inps alle istanze di revisione, ricorre la disposizione per cui il procedimento di autotutela deve concludersi con un provvedimento espresso (cfr. Regolamento n. 9/2023, art. 5).
Il procedimento di autotutela si conclude con l’adozione, da parte del Direttore della struttura centrale o territoriale presso la quale è incardinato l’ufficio che ha emanato il provvedimento oggetto di riesame, di un provvedimento contenente l’indicazione:
a) dell’Ufficio responsabile;
b) del provvedimento oggetto del riesame;
c) dell’istruttoria compiuta; d) della motivazione, con l’indicazione degli elementi di fatto e di diritto che hanno determinato la decisione in autotutela;
e) del diritto/interesse legittimo del cittadino o la pretesa dell’Istituto oggetto del provvedimento di autotutela;
f) del termine e dell’autorità presso la quale può essere presentato ricorso, qualora vi sia interesse.
La garanzia del diritto del cittadino di ottenere sempre risposte certe ed espresse (principio di civiltà su cui, almeno dalla Legge n. 241 del 1990 in avanti, tecnicismi a parte, vi è generale condivisione) si rende concreta con la previsione per cui “del provvedimento deve essere data comunicazione all’interessato e agli altri eventuali controinteressati, agli enti di patronato, agli intermediari qualificati e ai rappresentanti legali intervenuti nel procedimento”.
Non è ammesso il silenzio-rigetto, insomma, come invece vale per i Ricorsi tipici “on line”, disciplinati dal Regolamento n. 8/2023.
Una disposizione, quella dell’Inps, che non ammette interpretazioni ed eccezioni, specie alla luce dell’ulteriore e chiara indicazione che il provvedimento di annullamento va emanato entro il termine certo di 60 giorni dall’avvio del procedimento (cfr. Regolamento n. 9/2023, art. 5).
I termini per la conclusione del procedimento di autotutela per l’annullamento d’ufficio non possono eccedere i sessanta giorni dalla data di avvio del procedimento.
Il provvedimento è adottato dal Direttore centrale o territoriale presso cui è incardinato l’ufficio che ha emanato il provvedimento originario.
Va appena sottolineato come l’Inps, credendo nell’estrema serietà del proprio progetto, abbia previsto la “responsabilità amministrativa e contabile del responsabile del procedimento”, in caso di “mancata attivazione, per dolo o per colpa grave, degli strumenti consentiti dall’autotutela” (cfr. Regolamento n. 9/2023, art. 12).
Le chiare disposizioni del Regolamento n. 9/2023, in definitiva, sebbene l’avvio non pare sia stato apparentemente dei migliori, fanno comunque oggi ben sperare cittadini, contribuenti, aziende, professionisti e intermediari su una futura più attenta considerazione delle loro ragioni (cfr. Circolare n. 47/2023: “l’Amministrazione procederà all’annullamento d’ufficio quando ciò sia necessario al fine di evitare un danno non proporzionato agli interessi dei privati coinvolti nel procedimento”).
Ma che qualcosa sia davvero cambiato, ce lo potranno confermare solo i primi monitoraggi dell’Istituto, a livello centrale e territoriale, previsti con lungimiranza “al fine di garantire la correttezza e la legittimità dell’azione amministrativa, anche con riferimento all’attuazione di efficaci procedure di prevenzione e di diminuzione dei rischi aziendali” (cfr. Regolamento n. 9/2023, art. 11).
Una bella sfida, di cui si attendono positivi e costanti riscontri da parte dell’Inps, malgrado il proponimento di “contenere” l’utilizzo dello strumento dell’istanza di revisione, già espresso dalla circolare n. 47/2023 (“Al fine di favorire il contenimento del contenzioso, si invitano le Direzioni regionali e di coordinamento metropolitano ad attivare ogni iniziativa utile ad indirizzare l’attività degli intermediari verso un uso più consapevole delle istanze di autotutela, da considerare come alternativa alla proposizione dei ricorsi amministrativi, oltre che al corretto utilizzo dei canali telematici messi a disposizione dell’Istituto”).
di Mauro Parisi